La dura fatica dei giocatori di Eurolega all'Europeo: il gioco vale la candela?

Non solo gli Nba a tenere il piatto pieno, ma sono anche tanti i ragazzi di Eurolega che si affaticheranno, senza riposo estivo, nel prossimo Eurobasket
18.08.2017 18:45 di Domenico Landolfo   vedi letture
La dura fatica dei giocatori di Eurolega all'Europeo: il gioco vale la candela?

Si parla spesso in sede di presentazione di manifestazioni continentali o internazionali di quanto le franchigie NBA si lamentino di questi tornei estivi in quanto possono creare apprensioni ed infortuni che spesso non sono coperti dalle multimilionarie assicurazioni americane legata alla NBPA. Si parte però da un presupposto sbagliato, in quanto tendenzialmente, il campionato americano ha una prestagione molto scarna in cui al training camp si alterna qualche partitella contro altre squadre, quindi il processo di “inizio” delle attività è blando, riservato al mese di ottobre, quando già queste competizioni sono belle che finite.

In Europa, al contrario, le squadre iniziano a radunarsi ad agosto, perché a metà settembre o al massimo inizio ottobre le squadre hanno da fronteggiare campionati domestici nonché, soprattutto, parlando di giocatori di un certo profilo le coppe europee e l’eurolega. Ora, non volendo citare la retorica sul fatto che le formazioni tendono a cambiare ogni anno e quindi la preparazione è ottimale per la chimica di squadra, ma ricollegandoci anche alle parole di Aaron Jackson sui “riposi” dei giocatori, è doveroso andare ad analizzare come e quanto i principali top club europei devono fronteggiare queste competizioni. Il paradosso è che gli americani che vengono pagati e presi da contesti diversi, si trovano al raduno con ragazzi o che non hanno il loro stesso talento, oppure peggio con ragazzini delle giovanili che lasciano disorientati e fanno pensare al peggio.

Guardando negli armadi delle principali squadre ai nastri di partenza della prossima Eurolega, si capisce che molti avranno davvero pochi giorni per lavorare insieme e per riposarsi. Se la soluzione di mettere le qualificazioni a metà anno crea parecchi problemi, forse avere qualche giorno di vacanza in più serve davvero tanto ai campioni europei. Prendiamo ad esempio il Fenerbahce campione, a cui sono ben 9 giocatori che mancheranno, oltre alla truppa turca, il nucleo italiano e serbo, ossatura portante della squadra di Obradovic. Potrebbe farsi un discorso analogo per Olympiakos, Cska Mosca e Barcelona, che rimpinguano in maniera significativa i rispettivi stati di appartenenza e non solo, ma anche nel novero potremmo citare Valencia, Brose, la stessa Milano, il Pana, lo Zalgiris ed il Real Madrid, che tra le altre cose si è anche giocata Llull per buona parte della prossima stagione.

A ben vedere, la situazione non è particolarmente congeniale, e sarà un europeo dei grandi assenti, questo è fuori di ogni discussione. La domanda che però sorge spontanea, riguarda la reale importanza di questi tornei per nazionali quando la realtà dei fatti vige in un sistema in cui i club comandano, indipendentemente se siano americani o del vecchio continente. Se dicevamo che gli infortuni che han colpito nell’ordine giocatori del calibro di Llull, Causeur e Gallinari, priveranno le nazionali di giocatori di livello, la ripercussione maggiore l’avranno di certo i club, che pagano i giocatori per una prestazione che verrà minata da infortuni, più o meno gravi. Giova davvero una competizione del genere se, per buona sostanza, in un momento critico i giocatori potranno pensare più a se stessi e alla loro incolumità che al bene di una squadra nazionale? In questo discorso, se i portabandiera fanno eccezione, penso ai passaportati, che magari nel caso di Rice (Montenegro) han fatto di tutto per poter essere contrattualizzati come europei, ma che poi han fatto altrettante carte false per dimostrare infortuni che lo tenessero lontano dalla nazionale oggi allenata da Tanjevic. Il gioco vale la candela?