La voce di Aaron Jackson contro contratti e calendario di Euroleague

Senza peli sulla lingua, l'ex play del CSKA Mosca ha parlato di quanto il nuovo format andrebbe rivisto e della "particolare" gestione della free agency in Europa
17.08.2017 21:00 di Domenico Landolfo   vedi letture
La voce di Aaron Jackson contro contratti e calendario di Euroleague

Differenze, sottili differenze. Un contratto non ha la stessa natura per un giocatore Nba e per un giocatore europeo, perché negli States c’è la NBPA, l’associazione dei giocatori, che vigila su come le situazioni vengano gestite, su come si entra e si esca dalle finestre di free agency e soprattutto, su come un giocatore vive, al di là del campo, del parquet e di tutto il sistema di compensi ed endorsment circostante.

Aaron Jackson ha firmato questa estate con Bejing, nella squadra di Stephon Marbury che a 40 anni domina e vorrebbe continuare a tenere sul parquet il suo mostruoso talento, mentre dalla stanza dei bottoni vorrebbero fargli iniziare la carriera da allenatore. L’ex Cska ha smentito qualsiasi voce che lo voleva in altre piazze europee, perché la sua, a ben vedere, non è né una questione economica o di luoghi, è una considerazione su come i giocatori vengono “trattati” dalla lega, specie dalla Euroleague, ma il discorso potrebbe allargarsi anche alle federazioni nazionali.

Sono due i punti all’ordine del giorno che hanno fatto sfrigolare l’olio in padella: riposo e free agency, ed il palleggio tra la realtà a stelle e strisce e quella europea è fine quasi quanto quello di Teodosic. Giocare col Cska non è di certo fare il campionato di una squadra che lotta per la salvezza, ci sono gli impegni del campionato russo, della VTB League, dell’Eurolega e della coppa nazionale, il tutto condito dalla pressione del dover tornare a casa con il trofeo. Jackson ha contato ben 68 partite, che comunque non sono le 82 è i playoff del mondo NBA, però sono distribuite peggio. A suo modo di vedere è la gestione del riposo che viene vista diametralmente opposto.

Mentre il mondo NBA ha i suoi back to back, ma vive in un’ottica di rotazione, in cui non tutti i giocatori devono giocare sempre lo stesso numero di minuti, le squadre europee anche per numeri umani si fossilizzano sugli stessi soggetti per tutte quelle partite, con variazioni minime. Si richiede che il rendimento sia lo stesso in tutte le gare e non si pensa a quante energie non solo fisiche ma anche e soprattutto mentali i giocatori possano, perché ci sono viaggi, trasporti, essere sballottati da una parte all’altra senza mai staccare la spina. Se ci si pensa, analizzano il Jackson-pensiero, i back to back ti impegnano fisicamente per più gare di seguito – la Nba per la prima volta nel prossimo calendario non avrà un 4 gare in 5 giorni per franchigia – ma sono organizzati affinchè una trasferta magari in uno stato dell’altra costa sia graduale, così da non doverci tornare.

La critica, poco velata, è al calendario con la nuova formula dell’Eurolega, che ti fa viaggiare da un aeroporto all’altro dell’Europa, giocare ogni due giorni in sfide che sono tutte una finale, in cui non puoi rilassarti un secondo. Non ne fa una questione economica, ma il problema torna in luce quando dal discorso “energetico” si passa a quello della gestione dei giocatori che non intendono rinnovare o che firmano un contratto.

Dicendo che questi contratti, almeno nel vecchio continente, sono prestazioni d’opera, Jackson ha lamentato un’assenza di date certe all’inizio e alla fine di un rapporto che si vorrebbe intendere continuativo (esclusi dunque i mensili), bensì sono contratti di prestazione “a stagione” senza garanzie che qualche agente possa venire a contrattare un qualcosa da altra squadra e fare le scarpe alla propria franchigia. Jackson vorrebbe un modello NBA anche per l’Europa, specie poi per quei giocatori che vanno a scadenza, perché mentre nel mondo americano, per quanti rumors possano uscire, prima del 2 Luglio non si può fare niente, se si è giocatori in cerca di squadra in Europa, anche gli spifferi e le soffiate degli agenti o dei giornalisti sembrano avere la meglio su qualsiasi cosa si abbia firmato con le società.

La scelta della Cina è una di quelle che accontenta corpo e mente, nonché il portafoglio di Jackson, il quale dice di essere stato accontentato in qualsiasi sua richiesta, rimanendo felice dell’aver firmato prima di qualsiasi polverone sul futuro. La sua era una decisione già partorita in Febbraio, l’occasione è giunta e le sue idee, che adesso arriveranno da più lontano, non sono le uniche voci fuori dal coro su un mondo Euroleague che dovrebbe cambiare, ma senza “ibridi” come quello della passata stagione che sono a metà tra il passato e il mondo americano. Altri giocatori come Hines, Langford, Bogdanovic o Kalinic, han palesato le stesse incertezze e di questo passato a risentirne sarebbe il prodotto basket, l’unica cosa che invece andrebbe salvaguardata.