Golden State campione NBA: la costruzione di un meccanismo perfetto

La geometria di una squadra che ha rispettato il suo plan
13.06.2017 18:45 di Domenico Landolfo   vedi letture
Golden State campione NBA: la costruzione di un meccanismo perfetto
© foto di Twitter Warriors

La fotografia più chiara della finale di quelle che fotografano una stagione, o più semplicemente una serie, è Kevin Durant che imbuca una tripla mentre è letteralmente tra le braccia di Richard Jefferson, a cui non puoi contestare nulla, avendo fatto anche molto più del lecito e di quanto scritto nel manuale di gioco. La potenza che il talento ha conferito a Golden State è prima di tutto la chiave del successo, di una squadra che, non va dimenticato, era stata costruita per vincere e qualsiasi risultato diverso sarebbe stato un fallimento. Golden State ha il merito di unire quelle caratteristiche dei propri attori con le esigenze di un gruppo che ha incarnato l'anima di Steve Kerr, nonostante che i problemi alla schiena abbiano tenuto lontano il coach dai campi per un periodo infinito, con Mike Brown bravo a proseguire sul sentiero tracciato e a integrare con una visione di gioco magari più prudenziale, ma che ha fatto la differenza nella serie contro Cleveland, che nelle ultime tre gare non può recriminare nulla, avendo giocato al meglio delle sue possibilità.

Curry ha dimostrato di non nascondersi quando la gara conta e che le sue passate Finals sono state parecchio condizionate da un infortunio a cui troppo poco si fa riferimento. Thompson, con percentuali che vedono calare, ha portato il suo contributo in difesa risultando ago della bilancia specie nei primi due atti della serie. Green non è stato il cattivo di turno, anzi spesso ha fatto da paciere, magari con piccole grandi giocate ha portato il match sul suo piano e salvo qualche sbalzo d'umore ha portato legna in cascina. Che dire di Iguodala, oscar come migliore attore non (designato protagonista) che tra la stoppata di gara 3 e una super gara 5 dimostra di meritare un posto in questa squadra, ed idem dicasi per Livingston.

Si pensa poco agli altri, ai Clark, McCaw e McAdoo, magari li per caso, come David West. Forse Pachulia è stato l'unico elemento di rottura con l'armonia, un po' per i limiti tecnici un po' per un atteggiamento strano, per non dire oltre. Il contrappunto è il sorriso di Javale McGee uno di quelli che non giocano tanto ma si fanno notare, al posto giusto nel momento giusto e che si fa ricordare stavolta per i suoi pregi. Forse non han battuto il record dello scorso anno, ma Kevin Durant ha reso questa squadra perfetta, capace di fronteggiare qualsiasi tempesta e che, esperito ogni stratagemma per batterla, ha saputo ritrovarsi cinica e spietata nello sfruttare ogni opportunità rispetto al talento a disposizione.