Road to Rookie of the year - puntata 1: Markelle Fultz e Josh Jackson

Conosciamo i principali prodotti usciti da questo draft e che già han fatto vedere qualcosa nella recente Summer League
21.07.2017 18:48 di Domenico Landolfo   vedi letture
Road to Rookie of the year - puntata 1: Markelle Fultz e Josh Jackson
© foto di Twitter Sixers

Il draft non è una scienza esatta e la Summer League non sempre il banco di prova più attendibile, ma l'analisi di quelli che sono stati i prospetti che più attesi e che han confermato o smentito le previsioni può già essere fatta, sempre col beneficio d'inventario. La prima tappa del nostro percorso della caccia al rookie of the year vede come protagonisti la pescata #4 Josh Jackson, finito a Phoenix, e forse quello che più si è eclissato (non per suoi motivi) in questa calda estate, ossia il #1 Markelle Fultz, dei 76ers.

Partiamo da Jackson un numero 3 vecchia scuola, dotato di tiro e che specie in fase di allontanamento a canestro sa rendersi non solo utile, ma anche essere efficace. Buona lettura a rimbalzo e grande atletismo non gli erano mai mancati al tempo del college, ma mai come in questi casi sembra proprio che la divisa dei Suns sia quella cucita sulla sua pelle. La squadra era un limbo di aspettative, ma ha inserito Mike James e il ragazzo da Kansas che sono due che hanno saputo inserirsi, cercarsi e trovarsi con puntualità. L'integrazione con Devin Booker è ancora tutta un work in progress da affinare al Summer Camp, ma i presupposti ci sono tutti. 
La peculiarità che più si è evidenziata è la capacità magnetica di attrarre palloni a rimbalzo, quasi come un lungo dinamico di scuola Garnett, il tutto immerso in un corpo forse troppo esile e dove qualche muscolo dovrà essere messo per reggere i contatti in fase difensiva dove la sua velocità e le molle nelle gambe comunque sono un fattore non da disprezzare. In realtà Jackson era una potenziale numero uno, penalizzato dalla fase finale del torneo Ncaa e da qualche infortunio che gli ha tolto le chiavi in mano della squadra, ma la sua è anche una storia da "furto" (altro che quello di Paul George da parte di OKC): il suo rifiuto - si dice su consiglio della dirigenza Suns - di andare a fare il workout programmato con i Celtics sarebbe stato il movente per cui alla tre Ainge e soci di virare su Tatum. Phoenix ci ha visto lungo, magari non sarà Charles Barkley, ma in fondo con Charles sul parquet i Suns hanno vinto poco o nulla, mentre con questo sistema si può tassellare il futuro.

Non ci siamo dimenticati del numero 1, tranquilli, la verità è che il giudizio sul prodotto di Washington University è ancora in sospeso. Ricordo la grande attesa per il suo debutto, sul parquet degli Utes e di sicuro sotto lo sguardo dal cielo di coach Majerus che ancora è parte di quel palazzetto. Jumper senza paura, sfrontatezza del tiratore di talento, ma non la macchina alla Redick, bensì uno che sa anche aspettare che i compagni costruiscano per lui quando non deve fare da solo. C'è da dire che i 76ers delle summer League erano squadre imbottite di seconde/terze linee ma l'impatto è stato positivo.
Cosa che ha sorpreso e non poco è che non è il classico telepass difensivo, ma sta giù sulle gambe, ci mette mordente e decisione, anche se è proprio questa indole che gli ha procurato una distorsione alla caviglia che gli ha fatto saltare qualche partita di rodaggio che non sarebbe stata male per lui. Rispetto ai problemi avuti da tutte le scelte 76ers degli ultimi anni, una caviglia girata è poca cosa, ma l'imprecazione di Embiid contro la sfortuna è il chiaro sintomo che a Philadelphia molto del building process passerà dalle giocate non solo del centro camerunense, ma anche dal recupero di Simmons e dalla giovane stellina pronto al suo primo vero campionato agonistico, visto che in Ncaa non ha mai lottato davvero perpe obiettivi concreti.