Il saluto a Kevin Garnett da un (non sempre) fan

Si ritira Kevin Garnett e un'altra pietra miliare se ne va.
23.09.2016 23:59 di  Simone Mazzola  Twitter:    vedi letture
Il saluto a Kevin Garnett da un (non sempre) fan
© foto di Wang Lei /AGENZIA ALDO LIVERANI SAS

Ci sono dei momenti in cui bisogna riporre l’ascia di guerra.
Personalmente ho vissuto due ere di Kevin Garnett: quella di enorme ammirazione per la sua forza, caparbietà e capacità di rivoluzionare il gioco e una di puro rancore nella seconda parte di carriera quando la sua fisicità e atletismo sono venuti meno (e fin qui nulla di male), ma sono usciti senza controllo l’animo della provocazione gratuita, dei giochetti sporchi e delle bizze caratteriali.

Tanta fu l’ammirazione per quel KG, narrato da Jonathan Abrams nel libro “Boys among men”, che semplicemente rivoluzionò la storia del basket NBA dimostrando al mondo intero che il talento non ha età e anche un giocatore uscito dall’High School può dominare nella massima competizione possibile. Ha inserito nella testa di tutti la figura di un’ala forte che potesse andare in tripla doppia quasi ogni sera e che sapesse passare la palla come un playmaker, unendo a questa una guida vocale emotiva e difensiva degna solo dei più grandi di questo gioco. Ha avuto gli ultimi sussulti veri con la maglia dei Celtics, dove insieme a Pierce e Allen ha raggiunto l’anello che meritava, ma da quel momento il calo è stato verticale e l’impressione che non lo accettasse era evidente.
Sostanzialmente metteva piede in campo per provocare l’avversario, fare schifezze e intimidire con la voce senza che la sua pallacanestro potesse far più paura a chicchessia, come invece faceva a tutti nei primi tre quarti di carriera.
E’ sempre stato un carattere forte, qualcuno che non andava in campo per farsi degli amici e soprattutto non guardava in faccia a nessuno. Questa è la forza dei grandi, che se però sfora diventa poi un limite, ma per questo è necessario tornare alla frase d’apertura.

Questa sera ha annunciato il suo ritiro ufficiale dal basket all’età di 41 anni e quel senso di fastidio che mi dava vederlo in campo in questi ultimi anni, lascia spazio al merito di un’uscita di scena tra gli applausi.
Non può bastare un solo grazie per un giocatore che ha cambiato in un modo così radicale la storia del basket. Una storia incredibile di vita e di sport che ha aperto la strada a tanti che sono venuti dopo di lui.
Per questo chiunque sia in grado di aprire un pertugio in quello che si pensa essere impossibile, merita tutto il rispetto e gli onori di chi rientra nel novero di quelli speciali, quelli che passano una volta ogni tanto tempo e chi ha la fortuna d’incontrarli deve saperne fare tesoro, fino all’ultimo secondo.

Buona vita KG e grazie di tutto.
Un tuo (non sempre) fan.