Un viaggio nella bottega del barbiere: la lunga storia di Jonathon Simmons

Credere nei propri sogni fino a che non si realizzino, negli eventi della carriera del nuovo giocatore dei Magic
19.07.2017 21:31 di  Domenico Landolfo   vedi letture
Un viaggio nella bottega del barbiere: la lunga storia di Jonathon Simmons

Nelle storie NBA c’è sempre un pizzico di magia, di quelle che pensiamo che solo la celluloide possa regalare, ma che rappresentano invece lo spirito della tradizione americana, in cui, al contrario di altre latitudini, il duro lavoro paga. È di pochi giorni fa la firma di Jonathon Simmons con gli Orlando Magic, con un triennale garantito che per i suoi 27 anni è comunque il più alto contratto a cui potesse aspirare, ma tutti i passi che lo hanno condotto fino a qui sono solo il simbolo di un ragazzo che non ha mai mollato, e che avrebbe potuto essere diverso.

Simmons, nativo di Houston, uscito da due junior college sempre dei sobborghi texani, con un solo senior year a Houston University, aveva scelto il draft del 2012 per provare a dare una spinta alla sua carriera, contrariamente anche a quanto avrebbe voluto il suo coach, che aveva sempre creduto in lui ma ancor di più nel suo cuore, nel suo attaccamento alla maglia e a quella voglia di non mollare un centimetro sul campo. La chiamata non era arrivata, e così aveva ripreso l’attività per cui era famoso e ricercato nel suo quartiere, nella periferia nord della città petrolifera texana, ossia il barbiere. A rivelarlo è sua mamma, LaTonya, una di quelle donne americani che sopperisce all’assenza di un vero nucleo familiare e che, abituata in aeroporto a veder realizzati i sogni altrui al check-in, avrebbe voluto anche per i suoi figli un futuro all’altezza delle aspettative. Forse è stata la forza di una donna che riusciva comunque a regalare ai suoi figli un menù a scelta al McDonald come premio per i loro traguardi ad aver regalato a Simmons la voglia di non mollare.

Il “barbiere” prende una chiamata da semi-profesionista, scegliendo sempre di rimanere nella sua città natale, la squadra è quella degli Sugar Land Legends, che sono il metro di paragone per chiunque sano di mente per capire che una semplice palestra liceale è lontano anni luce dalle grandi arene del mondo NBA, ma come sempre in queste storie c’è il demiurgo, l’aiutante del protagonista che arriva dal nulla e porta un’opportunità. Un tryout da 150$ a pagamento, con tanti ex Spurs a dare un occhio, disinteressato anziché no, ai tanti che ci provano, chi da professionista navigato in cerca di riscatto, chi da semisconosciuto in cerca di una chance, chi da modesto amatore ma al tempo stesso infinito sognatore. Simmons investe i suoi 150$ e sorprende tutti, si merita una chiamata dagli Austin Legends della D-League e inizia la sua scalata al sogno.

L’inizio non è dei più semplici, perché un conto è essere il grande pesce del piccolo stagno, un conto è confrontarsi comunque con atleti professionisti. Il cambio di Simmons inD-League non è da poco, anzi: da giocatore testa bassa ed esplosione atletica, diventa uno di quelli che iniziano ad entrare nel sistema. Potrebbe andare in Europa dopo un anno, ma non gli va di stare lontano dalla famiglia, dalle sue 4 figlie, che sono per lui l’unica vera occupazione della sua vita, né di abbandonare quel sistema degli Austin Legends che gli ha dato una nuova famiglia. Il rimanere nella lega di sviluppo giova al suo gioco, aumentano le sue statistiche, il suo coinvolgimento e ritorna a dimostrare che quando c’è da mettere il cuore in campo, lui ha qualcosa fuori dal comune. Vince una Summer League in maglia Spurs da protagonista e arriva finalmente quella chiamata dal team di Greg Popovich che aspettava da una vita.  

 

Apprendistato e buone occasioni sfruttate gli valgono gli onori della cronaca, l’affermazione nel secondo quintetto, in quellasecond unit che magari non è il suo posto preferito, ma rappresenta il punto di arrivo per una carriera. Nei playoff, complice l’infortunio di Kawhi Leonard, diventa l’anima di San Antonio, con tante giocate preziose che regalano agli Spurs la serie contro i Rockets, proprio la squadra della sua città. Ora, per un 27-enne che aspirava alla massima estensione salariale, non c’è stata la qualifying offer da parte dei nero-argento, che non avevano spazio a sufficienza nel loro re building (o presunto tale)  process per inserirlo, ma il lavoro duro paga e la chiamata di Orlando ne è una dimostrazione, con un triennale da Orlando, squadra in cui sarà un leader designato. Perché in fondo, essere un barbiere, sia nella cultura americana quanto in quella di un atleta che vuole plasmare il suo talento, ci vuole pazienza, dedizione e la capacità di dare il meglio ogni volta, perché altrimenti perdi la clientela, o peggio, perdi la possibilità che tutti i tuoi sogni possano realizzarsi. Un barbiere può diventare un centro di aggregazione, così come un atleta può prendere sulle sue spalle le sorti di una squadra in un momento topico di una partita, ed è per questo che Jonathon Simmons, indipendentemente dalla latitudine a cui si muoverà, potrà essere l’uomo giusto, perché dedizione e cuore sono armi apprezzate da qualsiasi coach, sul parquet e ancor di più fuori da esso.