La lunga degenza del basket italiano al Sud: cosa succede?

Squadre sparite, spostate, in crisi: al di là di alcuni ottimi exploit sul campo, la situazione è sempre difficile
23.06.2017 18:43 di Domenico Landolfo   vedi letture
La lunga degenza del basket italiano al Sud: cosa succede?
© foto di Alessia Doniselli

Una volta il sud era un palcoscenico della pallacanestro che magari non vinceva scudetti o coppe come ci si sarebbe potuto attendere da quelle formazioni, ma di sicuro regalava emozione: sul parquet ma anche e soprattutto sugli spalti. Erano belli, calorosi e infuocati i parquet del Sud, col Palamaggiò fortino inespugnabile, bocca dell'inferno o "United Center" citando Tony Maestranzi non pochi anni fa, con Reggio Calabria scelta per ospitare più volte le finali di coppa Italia e piccole realtà che rappresentavano lo zoccolo duro della storia cestistica italiana. Fallimenti, retrocessioni, dipartite, il basket oggi al meridione non è più fucina di talenti, sta perdendo appeal e squadre, con lo spettro che ora, Caserta a parte (anche se la vicissitudine Palamaggiò è al centro del nuovo ed eventuale ciclo operativo) le formazioni dovranno adeguare i propri palazzetti agli standard della lega, più grandi e moderni.

Tra sussulti e delusioni, è facile elencare le formazioni meridionali che ancora possono sussultare, ma per quanto ancora? Avellino è giunta alla seconda semifinale di seguito, ma se Sidigas adesso diverrà main sponsor dell'US Avellino Calcio, di sicuro gli strascichi potrebbero riversarsi sulla squadra di Sacripanti che forse oggi è l'unica a rappresentare qualcosa di importante nel basket meridionale. Basterà provare a prendere Fitipaldo e cercare di mantenere qualcuno degli alfieri di quest'anno per provare a tenere alto il nome? Domanda non senza implicazioni di carattere molto profondo. Rimanendo in Campania, Caserta ha oramai perso da anni quell'abbrivio che lo scudetto suscitava negli anni 90. Il fallimento del '98 e le vicissitudini societarie, che arrivano fino a queste ore hanno disincentivato investimenti e passione. Oramai lo storico gruppo di tifosi ha ammainato le bandiere in senso formale, e il fatto che ad oggi ancora non si capisce: 1) chi pagherà tasse e fideiussione (si confida in Iavazzi); 2) se c'è effettivamente una cordata che acquisirà la squadra, da chi è composta o se è l'ultimo atroce teatrino vanvitelliano; e 3) se il consorzio di imprenditori che rileverà (sarebbe meglio usare il condizionale) il Palamaggiò potrà risolvere gli atavici problemi che legano squadra e un impianto tanto bello quanto datato.

Passando alle categorie inferiori, Napoli ha ripreso la A2 dopo anni bui, ma ha combattuto anni e combatte ancora contro le fatiscenti strutture della città che hanno costretto le squadre ad emigrare in provincia. Scafati si è salvata all'ultimo, Agropoli sparita dopo i fasti della scorsa stagione e poi il vuoto, con tante minors che dimostrano passione ma incapacità di emergere. Tornando in alto, Brindisi in A ha provato il gran progetto, ma Enel ha dichiarato un disimpegno nei prossimi anni e il PalaPentassuglia andrebbe cambiato. Si era paventato lo spostamento a Bari, ma guai a parlarne, si rischia una rivolta di piazza. Roseto e Reggio Calabria sono due piazze storiche ma se la prima ondeggia nell'alta classifica, la seconda ha fatto parlare di sé per la cessione di Legion e per qualche vicenda colorita fuori dal campo. Capo d'Orlando è stata la sorpresa della stagione puntando sui giovani, con un low cost che ha fatto la differenza, ma i problemi di palazzetto, la squadra fondata solo su giovani e prese azzeccate (vedi Fitipaldo), è un qualcosa di produttivo nel breve, ma che sul lungo periodo rischia di mancare di qualche addendo. Ferentino che invece potrebbe trasferirsi a Cagliari è la testimonianza che qualcosa non funziona. Forse dimentichiamo qualcuna, ma sul momento questi appaiono i casi più importanti di quella pallacanestro meridionale che dovrebbe svegliarsi e rialzarsi, ma che invece sembra morire, ancora una volta, sotto i colpi delle potenze o meglio delle grandi organizzazioni del nord, dove consorzi e complessi vicini alle società portano una mano fattiva alle squadre e dove tutto appare possibile.