Michael Jordan, l'icona: le storie di Artest, Miles, Ntilikina

The Players Tribune, in occasione della pubblicazione di The Last Dance, ha raccolto e diviso le testimonianze sul numero 23 dei suoi contributori.
26.04.2020 18:28 di  Paolo Terrasi  Twitter:    vedi letture
Michael Jordan, l'icona: le storie di Artest, Miles, Ntilikina

La testata online The Players' Tribune, da cinque anni e mezzo, raccoglie le storie degli atleti dal loro punto di vista. Iniziando col botto nel 2014 (Lebron James comunicò lì che sarebbe tornato a Cleveland), negli anni, quasi tutti gli atleti sembravano avere un aneddoto circa Michael Jordan. La testata quindi ha raccolto le testimonianze sul numero 23, dividendole per "temi": qui le testimonianze di chi ha visto Jordan come una "icona".

Darius Miles, 2018
"Io e Quentin Richardson venimmo invitati al camp di Jordan, e fu pazzesco. Avevamo visto ogni singola partita dei Bulls, MJ era un eroe per ogni ragazzino, ma per noi era un livello differente. Arriviamo al Camp il primo giorno, e c'era MJ, in carne ed ossa. Poi comincia a giocare con noi, nessuno lo vuole marcare, cioè eravamo bambini, ma io e Q ci guardiamo e tipo non siamo spaventati. Comincio quindi ad andarci giù duro, ma ovviamente essendo MJ mi ha massacrato. Ma continuavo comunque a marcarlo duramente, e cominciò a mostrarmi rispetto. Dopo il Camp, si fece la foto con me, e l'ho conservata a casa come fosse un mio parente. Ricordo mia mamma chiedermi "Com'è MJ?" ed io dirle "Mamma è pazzesco, Jordan era lì con noi ad imprecare, parla come noi!". E fu lì che vidi il primo barlume di speranza: Oh diamine, Jordan è una persona normale. Forse posso farcela". 

Ron Artest, 2019
"Ero stato draftato a Chicago, e giocavo la quinta o sesta partita contro Michael. Avevo 19 anni, lui invece ne aveva quasi 40, con 25, 35 punti di media, lo dovevo marcare duro, e lo colpisco nelle costole. Gliele ruppi per sbaglio, vivevo in centro a Chicago e non potevo alzarmi dal letto per due giorni perché continuavo a pensarci, il mio agente mi chiamava dicendomi di alzarmi, ed io tipo "non posso, ho appena rotto le costole a Mike, non posso crederci". E poi mi chiama. "Chi è? - Mike. -Chi? Oh Jordan. Oh, cazzo - Ehi, va tutto bene, non preoccuparti, capita." Ed io tipo "Oh, va bene, a posto". E torno a giocare."

Frank Ntilikina, 2017
"Vi dico ciò che mi disse MJ quando avevo 16 anni. Gli chiesi quale fosse la chiave del suo successo. "Quello che devi fare è amare il basekt. Non puoi essere un grande se non ami veramente il gioco. Una volta che lo ami più di ogni altra cosa, sei disposto al sacrificio, ad alzarti presto, a fare quello che serve per essere il migliore. Ma per prima cosa, devi veramente amarlo." Sembra semplice, ma più ci pensavo, più aveva senso nella mia vita. Non so cosa mi accadrà in NBA, ma so che amo il gioco più di ogni cosa. Ecco perché una leggenda, penso a ciò che mi disse da tre anni. Grazie per il consiglio. Merci, GOAT."