Gandini: “Il mio basket ha bisogno di riforme su stranieri, italiani e TV”

Le parole del presidente LBA rilasciate dalle colonne del Corriere della Sera negli scorsi giorni: le linee guida per il futuro del basket italiano.
30.04.2020 15:00 di  Ennio Terrasi Borghesan  Twitter:    vedi letture
Gandini: “Il mio basket ha bisogno di riforme su stranieri, italiani e TV”

Di seguito l’intervista, di martedì scorso, rilasciata dal presidente della Legabasket Umberto Gandini a Flavio Vanetti del Corriere della Sera.

Umberto Gandini, la serie A di basket sta per proporre il "liberi tutti" quanto a numero di stranieri ed iitaliani? 
"Non c'è un progetto sul tavolo. Ma è tempo di ragionare senza pregiudizi, per capire dove andare: va definita una missione". 
Da quasi 60 giorni a capo della Confindustria dei canestri, l'ex dirigente del Milan e della Roma s'è visto complicare il mandato dall'emergenza sanitaria e dalla cancellazione della stagione. Il passato lo aiuterà: il calcio ha dato a Gandini solide basi e la capacità di trattare; i trascorsi da hockeista la grinta. Serviranno entrambe le cose. Per la Fip la tutela degli italiani è centrale, per la Lega è forse diventata una battaglia di retroguardia? 
"Capisco la Federazione, con cui le relazioni sono ottime. Però una discussione serena deve riguardare soprattutto il minutaggio dei nostri ragazzi. Quanto al format delle squadre, la domanda è: qual è il mix giusto tra italiani e stranieri? Ultimo appunto: premiamo chi usa gli under 22, più che chi ricorre agli under 25". 
Si dice: senza gli italiani, il nostro basket muore. 
"In serie A devono esserci i migliori giocatori, italiani inclusi. Riflettiamo, però: inostri giovani vincono alivello internazionale, ma poi spesso non fanno il salto di qualità. Altri campionati dovranno allora servire per lavorare su di loro". 
La crisi imprevista indurrà a livellare al ribasso? 
"Lo diranno club e imprenditori. Ma se non interverrà il governo per aiutare chi investe, avremo un enorme problema. Chiediamo che sia riconosciuto un credito d'imposta alle aziende sponsor e che si aiutino le società ad assorbire un danno di vari milioni: i provvedimenti sono stati fin qui utili anche per lo sport, ma non sono costruiti per lo sport". 
C'è chi suggerisce l'abbandono del professionismo.
"Forse è il momento di parlarne: spero che il ministro Spadafora lo valuti. Il basket paga un prezzo elevato a fronte dei pochi vantaggi che riceve dal professionismo". 
Si riprenderà a dicembre, confidando nelle porte aperte? 
"Ancora non si può dirlo. Intanto lanciamo un torneo virtuale, analogo a quello della Nba: le buone idee si copiano. La ripresa a porte chiuse sarebbe gestibile solo per un periodo limitato: potremmo usarlo per una Supercoppa con cui celebrare i 50 anni della Lega. Il torneo sarebbe un precampionato centralizzato". 
I club potranno emettere abbonamenti allo streaming delle partite? 
"Ne stiamo discutendo con i titolari dei diritti, una sinergia è possibile. Quanto al rinnovo del contratto tv, invece, ora pensiamo a un bando solo per un anno". 
Il basket deve tornare a essere trasmesso in chiaro? 
"In Italia non molti vedono la Nba in tv, ma tanti la conoscono. Non inseguo la tv in chiaro, sganciamoci da vecchi concetti. Il basket in chiaro crescerebbe in popolarità? Forse, ma questo è proselitismo: dubito che serva sul piano commerciale. Oggi chi paga è pay-tv e la vera tv in chiaro è Facebook: aggancia i giovani, il nostro bersaglio". 
Tanti agenti rifiutano di decurtare le provvigioni.
"Allenatori e giocatori hanno fatto sacrifici e l'accordo è stato mutuato dall'Eurolega: servirà una mano anche dai procuratori". 
Quanto è vicino il sistema al collasso finanziario? 
"Non è vicino, ma se giocheremo a porte chiuse ci sarà un danno da 45 milioni che imporrà profonde riflessioni". 
Chi me l'ha fatto fare? Giuri, fin qui, di non averlo mai pensato. 
"Lo giuro: mi sono appassionato, vorrei incidere e aiutare il nostro basket a tornare grande".