Blake Griffin: il controllo del battito per diventare grande

Come Blake Griffin è diventato il miglior giocatore di questi playoffs, grazie alla sua voglia e a una scienza sempre più all'avanguardia.
06.05.2015 13:15 di  Simone Mazzola  Twitter:    vedi letture
Blake Griffin: il controllo del battito per diventare grande
© foto di Albert Pena/Icon SMI /Agenzia Al

Come si può mettere insieme delle statistiche che ti pongono al fianco di Oscar Robertson come unico altro giocatore a 24 punti, 13 rimbalzi e 7 assists di media in una post season?
Come è possibile diventare un giocatore che “sa solo saltare” in un leader tecnico ed emotivo di una squadra d'alto livello a Ovest?

Ci sono diversi motivi e uno di questi potrebbe essere la presenza di Doc Rivers che ha trasmesso all’ambiente una certa sicurezza e consapevolezza nei propri mezzi.
Ciò che più di ogni altra cosa ha fatto di Blake Griffin quel giocatore dominante e trascinante di oggi è la capacità di gestire la propria fatica e il recupero da essa.
Dopo l’eliminazione dello scorso anno per mano dei Thunder, Blake non ha perso tempo per rimettersi al lavoro resettando la propria meccanica di tiro e cercando di progredire dal punto di vista tecnico e fisico. Il suo business manager Lone Clark gli scriveva messaggi alle sette del mattino per parlare della sua schedule di allenamento e spesso lo trovava già al lavoro.
Un’ulteriore passo in avanti è stato fatto grazie a Robbie Davis e a uno speciale sistema di monitoraggio del battito cardiaco.
“Blake ha una notevole capacità di alzare molto e in breve tempo i suoi battiti cardiaci e questo influisce positivamente sulle sue prestazioni atletiche –ha detto Davis- quello che riesce a fare meno bene è riportare il suo battito a una situazione normale.”
Questo particolare sistema chiamato VO2 max monitora il ritmo cardiaco del giocatore stabilendo così i tempi di innalzamento e di recupero, permettendo così allenamenti specifici.
“Il monitoraggio di questi valori mi arriva direttamente in tempo reale sul cellulare e so perfettamente fin dove posso spingermi con l’intensità dell’allenamento. -ha proseguito- Molti professionisti sono pigri, ma io so perfettamente se hanno ancora benzina nel serbatoio”.
A tal proposito in estate ha fatto allenamenti specifici che simulassero quanto più possibile i momenti di sforzo e di recupero che si possono trovare in una partita e questo ha reso Blake un giocatore maggiormente in controllo.
“Voglio essere ottimo sotto tutti i punti di vista e migliorarmi sempre –ha detto Griffin- il giocare 40 minuti in una serie dura come quella contro gli Spurs è stato difficile, ma con questo trattamento sono molto più rilassato e questo si riflette sul mio gioco”.

Ci sono cose che la scienza e il progresso possono fare per facilitare il miglioramento delle prestazioni fisiche, ma come per le statistiche di una partita, sono solo una parte del processo di un giocatore nel tentativo di diventare grande. L’essere in palestra a lavorare 48 ore dopo una cocente eliminazione per migliorare il proprio gioco e farsi trovare pronto, non ha ausili di scienza che possano reggere. E’ solo la voglia di un campione di diventare uno dei più grandi, come il suo esempio: Tim Duncan.