Ciao Tim, sei stato molto più che un campione di basket

In molti casi la grandezza di un campione si misura sul suo palmares. E’ indubitabile che Michael Jordan sia il più grande della storia del gioco, ma spesso fermarsi solo a quello è riduttivo. Per questo motivo allora i vari John Stockton, Karl Malone, Charles Barkley dovrebbero essere qualcosa di cui non si ricorderà nessuno.
Poi ci sono anche delle eccezioni a questa regola, ovvero giocatori che hanno vinto tutto quello che c’era a disposizione, ma sono andati oltre prima sconfiggendo il sistema di fluttuazione dei risultati NBA, rimanendo per tutta la propria carriera al vertice e in lotta per il titolo, vincendone ben quattro, frantumendo ogni record e venendo considerato unanimemente la miglior ala forte della storia del gioco.
Questo è Tim Duncan e non c’è dubbio che ci foste già arrivati da soli.
Nella notte i San Antonio Spurs hanno ritirato la sua maglia solo a qualche mese dal suo ritiro ufficiale dalle scene. Non ha voluto nessun farewell tour come Kobe Bryant, è stato per una carriera l’antipersonaggio per eccellenza di cui mai si parlava se non per le gesta cestistiche. Mai un rumor che lo vedesse lontano dagli Spurs, mai un gossip su vicissitudini fuori dal campo, nulla di nulla, ma solo una grande e intramontabile passione per il gioco.
Ettore Messina, il primo giorno che arrivò a quartier generale degli Spurs (parliamo d'inizio agosto), capì subito alcuni dei motivi per cui gli Spurs erano gli Spurs, infatti c’era Tim Duncan che nonostante un’età e delle ginocchia ormai ben più che precarie, si stava allenando per la nuova stagione.
La sua cronica zoppia, la fatica ad appoggiare correttamente entrambe le gambe non gli hanno impedito di dominare la lega per tanti anni e soprattutto farlo ancora quando l’anagrafe lo avrebbe condannato senza appello.
La cerimonia che lo ha visto onorato della sua maglia 21 sul soffitto dell’AT&T center è stata molto particolare, sobria come l’avrebbe voluta TD nel migliore dei suoi sogni e dove non si è parlato di basket, ma anche di daylife, di come Timmy abbia influenzato non solo il basket dei suoi compagni o di chi ha incrociato la strada con lui, assieme a come abbia cambiato le loro vite. La tattica è sempre stata la stessa, ovvero quella di parlare poco, di sorridere ancora meno, ma anche d’influenzare le vite in modo inversamente proporzionale all’espansività.
Ginobili, Parker, Popovich e tutto il mondo neroagento gli ha reso grazie con parole, aneddoti, storie e retroscena che hanno avvicinato l’uomo Duncan al grande pubblico rendendolo affabile e felice di un momento davvero speciale.
Solo i grandissimi sanno influenzare il gioco nel modo in cui lo ha fatto lui, con la compulsività di Bryant, ma un carattere completamente opposto. E’ l’uomo che ha messo gli Spurs sulla mappa in maniera indelebile, così come lui rimarrà nelle memorie di ogni appassionato NBA.