Silver ammette: tornare in campo non è la situazione ideale

Il numero uno NBA non si nasconde: "Una pandemia, una grave recessione economica e tensioni sociali al massimo: capisco le preoccupazioni" e aggiunge...
16.06.2020 17:45 di Paolo Terrasi Twitter:    vedi letture
Silver ammette: tornare in campo non è la situazione ideale

In mezzo alle diverse proteste ed opinioni discordanti da parte di alcuni giocatori circa le mosse della NBA per giocare ad Orlando, nonostante il clima di tensioni, Adam Silver ha scelto di intervenire in prima persona. Sugli schermi di ESPN il commissioner ha chiarito una volta di più le motivazioni della lega nella scelta di tornare in campo: “No, non è una situazione ideale — ha ammesso il n°1 NBA — perché stiamo cercando di dare un po’ di normalità in un periodo che ha visto una pandemia, una recessione che ha lasciato senza lavoro 40 milioni di americani e un periodo di forti tensioni sociali. Per questo posso capire le resistenze a tornare in campo da parte di alcuni giocatori: possono temere per la loro famiglia, per la loro salute, possono semplicemente sentire di voler spendere il loro tempo in un’altra maniera”, riferendosi alla volontà professata da molti atleti afroamericani di voler restare al fianco delle proprie comunità, continuando la protesta. “Quello che è successo dopo la morte di George Floyd è qualcosa di unico, senza precedenti e ho grande empatia per le persone colpite da questo tipo di ingiustizia. Per questo capisco che la nostra idea di tornare in campo e incoronare un campione NBA possa non essere la priorità per molte persone. Venire a Orlando per riprendere a giocare può non essere per tutti perché richiede enormi sacrifici a tutte le parti coinvolte”

Silver ci tiene anche a smentire le voci che vedono la lega interessata solo al denaro, e per questo avrebbe forzato il ritorno in campo: “A questo punto la differenza economica tra giocare e non giocare non è così grande come pensa la gente, considerati i costi che dovremo sostenere per assicurare la massima sicurezza possibile a tutti. È più un obbligo morale che la comunità NBA sente di provare a tornare in campo, per non restare a guardare da fuori e darla vinta a un virus. Siamo la NBA, questo è quello che facciamo: pensiamo che la pallacanestro e lo sport possano far bene al resto del Paese in questo momento di enormi difficoltà per tutti. L’attenzione di tutti sarà su Orlando, per cui penso che i giocatori avranno una grande opportunità di generare ancora più consapevolezza su certi temi di giustizia sociale. Come può rispondere una lega come la NBA al razzismo endemico che attanaglia la nostra società? Insieme ai giocatori siamo convinti di poter utilizzare la nostra piattaforma per stimolare davvero un cambiamento reale all’interno della società”