The Last Dance: la recensione dell'episodio cinque

Continua il documentario su Michael Jordan ed i Chicago Bulls. Gli episodi V e VI sono probabilmente i più ricchi di spunti, qui quelli del quinto
04.05.2020 19:39 di  Paolo Terrasi  Twitter:    vedi letture
The Last Dance: la recensione dell'episodio cinque

Episodio V
Questa puntata è piena di così tanti segmenti che probabilmente meriterebbero delle "Last Dance" a parte. 
L'All Star Game del 1998 viene usato come focus sul compianto Kobe Bryant, a cui è dedicato l'episodio. Il numero 8/24 ci racconta di come senza Jordan non ci sarebbe potuto essere lui come campione NBA: tutto nacque con quella partita delle stelle, la prima di Kobe, l'ultima in maglia Bulls di Jordan, ed i dietro le quinte con gli spogliatoi di quella kermesse sono una chicca notevole. 
Successivamente, si parla dell'ultima partita al Madison Square Garden, vissuta da Jordan con le stesse scarpe con cui ha vissuto la prima partita: le Air Jordan 1: il documentario ci riporta nel 1984, con il fedele agente David Falk che ci racconta la nascita del sodalizio con la Nike, inizialmente voluto controvoglia da Jordan stesso e finito per essere l'accordo più lucrativo della storia, per entrambe le parti, rivoluzionando completamente il modo di intendere le pubblicità sportive e la cultura pop. 
Si torna al campo: vincere un titolo è difficile, ma vincerne due è roba da Gotha della NBA. La miccia della competitività di MJ contro i Blazers è Drexler, da alcuni ritenuto sullo stesso livello di Jordan stesso. Il numero 23, con un'altra performance iconica, incluse le spallucce rivolte a Magic Johnson, conquista il secondo titolo consecutivo. 

Tuttavia, quella estate, ci fu poco riposo per Jordan e Pippen, con la convocazione per le Olimpiadi. Il Dream Team e Barcellona 92 apre tante sottotrame su cui potremmo stare a parlare per ore: l'esclusione dalla squadra di Isiah Thomas, decisamente malvisto da diversi membri della selezione, Jordan in primis; la leggendaria partita di allenamento a Montecarlo; il rapporto con Toni Kukoc, nato sotto una cattiva stella per via delle eccessive attenzioni rivolte da Jerry Krause al talento serbo; l'impatto culturale e globale di quella kermesse, con l'inizio della vera espansione mondiale della NBA.

Il finale della quinta puntata comincia ad aprire crepe sulla "bontà" di Jordan, e sul suo ruolo come modello: ruolo che ha sempre rigettato, evitando coinvolgimenti politici (a differenza dei giorni nostri, con l'impegno sociale di Lebron James), riassunti nella famosa frase "Anche i repubblicani comprano scarpe": questi aspetti verranno approfonditi nell'episodio Sei.