Gli Hornets la spuntano alla fine: Julyan Stone firma un biennale

Il giocatore lascia così la Reyer al termine di un braccio di ferro su un contratto che era senza NBA escape
13.08.2017 18:45 di  Domenico Landolfo   vedi letture
Gli Hornets la spuntano alla fine: Julyan Stone firma un biennale

La filosofia giusnaturalista e quella cara a Kelsen in ambito di contrattualistica divergevano non tanto per l’origine dei contratti, quanto invece sul modo della loro interpretazione. La stessa teoria che riteneva i contratti frutto della natura umana, da servirsi in ogni dettaglio, nonché il principio secondo cui ciò che è sancito nel contratto resta tale ed immutabile, è stata abilmente smentita dalla macchina bellica nazista che, nell’arrivare all’occupazione europea, alla neutralità dichiarata del Belgio aveva risposto con: “I contratti sono pezzi di carta” e strappandolo come coriandoli, aveva invaso il suolo belga senza troppi indugi.

Ora, mutatis mutandis, il contesto scende e non poco se ci limitiamo a pensare al braccio di ferro tra Julyan Stone e la Reyer Venezia, di solito scenette del genere appartengono ai “mal di pancia” di altri sport, ma la vicenda vale la pena di essere analizzata per quel che sono le circostanze e gli scenari che ne potrebbero seguire.

Partiamo dalla fine, e cioè dalla quasi imminente firma di Stone per gli Charlotte Hornets, tra l’altro con un biennale che comunque lo pone in uno status di un giocatore NBA di un certo profilo. Il problema era venuto a crearsi perché il protagonista della squadra di coach De Raffaele non aveva una clausola nel contratto per poter svincolarsi, diventare free agent e firmare con una squadra del massimo campionato mondiale. Diciamo che comunque al di là del prestigio della considerazione della franchigia di Michael Jordan ci sarebbero delle motivazioni “umane” che spingono Stone a tornare a casa, ossia i seri problemi cardiaci del padre a cui il ragazzo vuole stare vicino.

La cosa che però è interessante sottolineare è che, nonostante la situazione sembra essersi risolta per vie benevole, rischia di crearsi un precedente scomodo per situazioni non sempre così cristalline. La scorsa stagione si parlava di un Barcellona che voleva multare i suoi giocatori per scarso rendimento, come se il contratto lavorativo degli atleti non fosse obbligazione di mezzi quanto di risultato, ovvero un abominio. Il fatto che un giocatore possa “rompere” senza troppe conseguenze un contratto è un vuoto importante, perché nonostante la società avesse cercato di puntare i piedi, fare la voce grossa e far rispettare quanto firmato il giocatore andrà via. Non che Venezia non si consolerà e anzi le voci già la vogliono su Della Valle, ma questo induce a riflettere, in un mondo dove i contratti NBA, collettivi e non solo, vanno a prevedere ogni singolo aspetto possibile della vita di un atleta, mentre quelli europei si limitano a degli escape, quasi escludendo la possibilità di coloro che scelgono la carriera europea, di poter tornare indietro.

Gli orizzonti stanno cambiando e se non si vuole prevedere contratti onnicomprensivi, sarà bene evitare quelle situazioni limbo che di fatti non fanno altro che creare dispiaceri a tifosi ed appassionati, nonché lasciano le società senza la possibilità di soluzione di continuità, come se qualcuno ti invade mentre hai già alzato bandiera bianca, ed è strano che una cultura di common law, che non si fonda sul diritto scritto tout court, possa darci un insegnamento simile.