Sosa lascia la JuveCaserta: la maledizione del playmaker mannaro

Il play di passaporto dominicano ha chiesto e ottenuto la risoluzione del contratto per motivazioni personali, si profila un contratto in Libano
15.03.2017 21:19 di  Domenico Landolfo   vedi letture
Sosa lascia la  JuveCaserta: la maledizione del playmaker mannaro
© foto di Juvecaserta Facebook

Quando piove, alle volte si apre l’ombrello, altre ci si bagna, altre ancora grandina. Non bastava la crisi di risultati a far traballare la JuveCaserta, che fatto salvo per un successo, ad oggi prezioso più che mai, contro Cremona, è in un loop negativo di involuzione del suo gioco. Domenica dopo la crisi di nervi che ha portato la sconfitta contro una Cantù battagliera ma non certo perfetta, ha avuto il merito di innescare una miccia esplosiva. Si cercava il problema, è arrivato puntuale il taglio del nodo di Gordio.

Sembrava, sulla carta, che dovesse essere l’allenatore a pagare, ma la squadra si compatta ed in un comunicato lunedì rinnova la fiducia a Sandro Dell’Agnello. Si apprende oggi che nella stessa serata Sosa chiede la rescissione del contratto, delegando il suo agente a trattare. Oggi arriva l’ufficialità. Il play di passaporto dominicano sceglie “per motivazioni personali” di recedere dal contratto, con la società che lo accontenta, e si prepara ora a dover tornare sul mercato, magari per un cotonou o un comunitario in un ruolo nevralgico per la squadra. Forse non sarebbe un caso che il taglio arrivi proprio in procinto del ritorno di Bostic dal suo infortunio, di cui si è capito ben poco a dirla tutta.

Ciò che conta è che la Juve resta senza un giocatore che finora, nel bene e (molto poco) nel male, ha offerto delle prestazioni che magari non saranno state soddisfacenti per numeri, cifre e soprattutto scelte, ma che erano i classici margini massimi di prospettive che erano connessi al giocatore ex Sassari al momento della firma. Dunque tali numeri sono parzialmente giustificabili, magari ci si aspettava qualcosa di più, ma non si può certo gettare la croce addosso a Sosa, che da solo in più di qualche gara ha tenuto i suoi a galla, e che ancor di più nell’ultimo periodo ha scelto per la squadra, caricandola sulle spalle del suo infinito genio e sregolatezza.

Era davvero questa la problematica sorta in seno ai bianconeri e che doveva essere rimossa (si parla di Libano ora per lui) per poter ritornare alla vittoria? Non esiste risposta assoluta, la certezza è che di lui se ne sia fatto un caso, ma chi agisce di solito tende a sbagliare. Non poteva arrivare però notizia peggiore per Caserta, che perde un pezzo importante di quell’asse da pick and roll che tanto aveva fatto bene ad inizio stagione, ma che soprattutto, Giuri a parte, non ha un giocatore di ruolo che possa impostare il gioco e servire i compagni. E Giuri, che da capitano sicuramente sarà chiamato a metterci la faccia, ha dimostrato di essere un ottimo closer o uomo da giocate importanti, ma che sono spalmate su un minutaggio normale. Un extra lavoro in termini di minuti, associato alla sua verve che mai manca alla sua partita, rischia solamente di sovraccaricarlo e questo sarebbe ancor più deleterio. E intanto domenica si va a Capo d’Orlando, su un campo dove solo Milano ha portato a casa i due punti, contro una squadra in salute e che gioca per un posto in Europa, con un budget tutto sommato non troppo diverso da quello dei campani.

Che qualcosa del giocattolo bianconero fosse rotto da tempo era chiaro e palese, ma non è tagliando la “testa di legno” che il reale colpevole potrà uscire fuori. Forse Sosa era un accentratore, ma il suo ruolo individualista è stato aggravato manifestamente da un attacco abulico, facendo riferimento dall’ultimo al match contro Cantù, in cui Diawara ha fatto la differenza sfruttando le sue doti e Linton Johnson rimboccandosi le maniche e mettendo qualcosa che non è nemmeno definibile in termini di cuore e coraggio. Non c’è risposta da parte della squadra, dove Watt e Putney alternano prestazioni da cineteca ad altre in cui è meglio dimenticarsene, Cinciarini e Giuri funzionano solo quando possono spaccare a partita in corso, come ad inizio stagione e non quando devono sopperire alle carenze altrui, Gaddefors è un buon difensore ma in attacco ha perso l’abbrivio dello scorso anno, Berisha è appena arrivato e non sembra aver compreso le doti di intensità che deve dare alla squadra.

La paura che l’elettrocardiogramma piatto e questi squilibri possano poi portare ad eventi nefasti ed impredicibili ad un certo punto della stagione – anche se comunque Cremona è a 6 punti e ha 0-2 nello scontro diretto – è forte nell’ambiente casertano del tifo e degli appassionati. L’ennesima rivoluzione, l’ennesimo cambio, la brutta immagine di una squadra che non appare sempre legata alla maglia sono lo specchio di quei dubbi societari che erano iniziati ad inizio anno con la vicenda Fortune – ora al vaglio di azioni processuali – e che vuole portare alla formazione di un consorzio che garantisca pace e tranquillità. Ma come garantire pace e prosperità se la prima testa che salta, in senso letterale o no (la verità sta nel mezzo), è quella del tuo play, cervello della squadra?

Ha fallito Siva, che ora fa faville a Berlino, ha fallito Stefano Gentile, cui non sono spettati onori di una stagione troppo bistrattata, ha fallito Diaz, da eroe della promozione a causa di sconfitte, ha fallito Bowers, anche lui da eroe a cavia, han fallito nella stessa stagione Hannah, Tommasini e Ron Moore, che ora a Pistoia è un fedelissimo di Esposito, sarà che forse tutti quelli che vestono in bianconero sono aspramente criticati al di là del loro potenziale? Si continua, troppo spesso, a citare Nando Gentile, Colson, Childress e Collins, che sono 4 nomi che la spiegano ancora oggi, ma che erano comunque dei cavalli pazzi capaci di farci vincere e perdere con eguale talento. Sarà forse una mancanza di fiducia e un gioco che sappia rendere questa squadra capace di sfruttare il proprio potenziale? Intanto Bostic ritorna, e le statistiche con lui a referto, sono molto diverse…