One Flew Over the Hawk’s Nest: il ritorno di David Hawkins sul parquet

David Hawkins firma a Sustinente, in C Silver dopo i 4 anni di squalifica
21.02.2017 16:30 di  Domenico Landolfo   vedi letture
One Flew Over the Hawk’s Nest: il ritorno di David Hawkins sul parquet
© foto di Agenzia Liverani

L’ultima volta che ne avevo sentito parlare era positivo ad un controllo antidoping, cocaina, recidivo. Forse non era lei che controllava lui, sicuro non sul campo, ma lo dominava e tanto sarebbe bastato per alterare la sua carriera. Non è certo la confessione del Grande Capo, ma il triste epilogo di quella sera del 22 Gennaio 2013, quando la commissione basket turca disponeva una sanzione esemplare per David Hawkins, 4 anni lontano dai campi. Aveva preso qualche mese per aver fumato cannabis ai tempi della Virtus Roma, ma era stato quasi solo uno schiaffetto sulle mani. Doveva essere la fine, non sarà così. A 34 anni David Hawkins ricomincia, dalla Serie C Silver italiana, con Sustinente. Sarà presentato giovedì, magari domenica si sentiranno le scarpette squittire di nuovo sul parquet, dopo tanti, troppi allenamenti a cui non è seguita una chiamata.

La verità è che il sottile filo che divide pazzia e talento è un’arma a doppio taglio, che ti rende capace di essere un leader, una stella, che si costruisce da solo giorno dopo giorno, col duro lavoro, ma che spesso diverge dalla striscia continua che delimita la carreggiata: è un attimo e, dalle stelle, lo stallo è cosa semplice. A Temple è una star di quelle che domina la squadra da solo, segnando punti, sgomitando a rimbalzo, prendendosi record e riconoscimenti. Per uno che è stato cresciuto da una madre forte la famiglia è importante, e dopo averci già pensato al suo anno da Freshman, con già un bambino a cui badare, sposa l’amore della sua vita nel suo anno senior, il momento di maggior lucentezza della sua carriera (a 24.4 di media per allacciata di scarpe), la sera dopo averne messi 51 contro UMass.

Perché poi certe carriere, seppur promettenti, non esplodano nel mondo Nba, è presto detto: il sogno così come l’incubo sono le parti di quell’aleatoria visione della vita del tutto americana. Lui aveva detto che non si sarebbe mai visto lontano dagli States, eppure il suo esordio in un Caserta – Sebastiani Rieti si è rivelato essere solo il primo passo per una carriera che nel vecchio continente avrebbe fatto faville. Protagonista lo è sempre stato, di quelli che tendono a “vincere le partite da solo” magari anche dopo un letargo di 39 minuti. Una giocata, quelle scarpe che stridono nello scatto sul liscio parquet ed eccolo arrivare al ferro, puntuale, magari per un fallo, per prendersi due liberi da una lunetta che è sempre stata sua amica.

Roma, poi Milano, e qui la consacrazione, prima degli allori a Siena e in Turchia. Ci sarebbe un momento, come nei migliori film, in cui fermare tutto: io scelgo un Olimpia – Cska Mosca, con le scarpette rosse che avrebbero bisogno di un miracolo, di una vittoria contro gli imbattibili, per sperare ancora nelle top 16 (che arriveranno all’ultima giornata) e lui non è in una di quelle serate che si lascerebbero ricordare. In una gara punto a punto, situazioni falli deleteria, “The Hawk” prende palla su un possesso decisivo, brucia il suo avversario diretto e segna un canestro ad alto tasso di difficoltà, sfruttando il fisico, la voglia ed il cuore. Il capolavoro è poco dopo. Contro un Siskauskas ispirato, nell’ultimo possesso, si mette faccia a faccia, pressandolo, sfidandolo, occhi contro occhi, senza sbattere le ciglia. Una difesa da manuale, con il lituano che sbaglia la palla della vittoria, e il parquet di Assago che viene letteralmente invaso dal pubblico, come per uno scudetto.

Ovunque sia andato, David Hawkins ha sempre rappresentato il battito cardiaco di una squadra, la sua linfa vitale, la pompa che inietta talento sul tabellone e negli altri, che ti regala l’inaspettabile. Eppure il basket e quella sentenza turca sembravano averlo cacciato fuori. Magari fare di lui un “caso esemplare” è stato solo il modo sbagliato di amministrare una giustizia corrotta nel mondo della palla a spicchi, in cui casi ben più gravi hanno pene ben più lievi. Ritornando al film con Jack Nicholson, che ci regala uno splendido titolo, non ci si può adattare a regole contorte, che sono mutevoli come un flottante di borsa, sennò si finisce con lo sparire.

Non ho prova di certo di quello che sia accaduto, ma vederlo tornare sul parquet, per qualche tryout, per qualche allenamento, per volerci riprovare, è la testimonianza che si può sempre ricominciare, cambiare, reinventarsi, anche in un mondo che non ha certo i fari dell’Eurolega come la C Silver lombarda. Eppure per tutti coloro che lo vedranno, per tutti coloro che giocheranno insieme e contro il nuovo #34 di Sustinente, ci sarà sempre una lezione da imparare: “Lei pensa che la sua mente abbia qualcosa che non va ?No signore, è una meravigliosa stupenda macchina della scienza”.