Kyle Korver ai Cleveland Cavs: l'analisi della trade con Atlanta

Quando il mercato Nba piazza qualche botto, di solito si pensa o alla classica speculazione della squadra che vuole accaparrarsi qualche buona scelta o spazio salariale, oppure a qualche scambio che voglia rinforzare le ambizioni di una franchigia in crisi di risultati. Se a muoversi in anticipo è però Cleveland di certo si rimane un po' spiazzati, perché è la squadra campione e con un eccelso record, ma a ben vedere le macchinazioni che, tra venerdì e sabato stando agli esperti, dovrebbero portare alla firma nero su bianco di Kyle Korver, sono ben dovute. L'infortunio di JR Smith, i problemini ad intermittenza di Irving e Love, hanno depauperato la batteria di tiratori in cui spesso è toccato a Frye e Jefferson tirare la carretta. Dunleavy in maglia Cavaliers il campo lo ha visto poco e quindi ecco che assieme a Mo Williams e ad un scelta protetta del draft 2019 potrebbe essere ceduto per arrivare al cecchino ex Sixers.
Tecnicamente cambierebbe poco, anzi in un gioco fondato su ben altri perni, contare su un cecchino come Korver a cui basta poco per innescarsi è una gran presa. Diciamo che manca il canonico 0,1% in quanto gli Hawks stanno cercando le giuste destinazioni proprio per Dunleavy nonché per Millsap, liberandosi di contratti pesanti e provando a prendere qualche altra scelta con cui costruire una gran bella formazione nei prossimi anni. Di certo non quisquilie, ma le dichiarazioni del tiratore da 40% dopo la sfida con i Pelicans, vista dalla panchina per intero, sono state eloquenti, parlando di scelta che cambia la sua carriera, di stimoli e salto di qualità che sono contornati a dovere dalla noatalgica sensazione dei tanti addii legati alle relationships creata nella città della Georgia.
Se la trattativa dovesse andare in porto così come sembra, sarebbe la fine dei cosiddetti "pretoriani" di LeBron, considerato anche che Andersen non sarà dei parquet a breve. Un giocatore come Korver, però, che l'anno passato è arrivato finanche ad essere nella sfida All Star, è quel classico giocatore silenzioso e maledettamente scomodo per avversari, che non mangia palloni se non messo in ritmo, che sa invece trascinare con entusiasmo e mano calda anche i compagni, e questo va sicuramente a livellare uno dei difetti della squadra di coach Lue, ovvero prendere certe volte dei break che mandano in stallo la gara e possono essere pesanti in gare senza domani.