L'oro dei Denver Nuggets: Nikola Jokic, dalla Serbia con furore

Quando si parla di storia americana è di certo impossibile non pensare alla mitica corsa verso Ovest seguendo i filari dell’oro, a Little Big Horn e alla tronfia potenza che si veste dei generali che hanno scritto pagine di un passato che ha generato il business e la mentalità a stelle e strisce. Se aggiungiamo a questo background il pesante immigrato che aveva portato tanti europei sulle coste del nuovo mondo, ne esce quel melting pot che fa la differenza tra il grano e la pula nella quotidianità del mondo Usa. Quando però si resta colpiti da un talento che, fino a poco tempo prima, neanche era nei radar, non bisogna dimenticare che però gli Stati Uniti sono il regno delle possibilità, come Rocky Balboa e che le visioni in prospettiva non sono miopi come dalle nostre parti.
Nikola Jokic in un anno e mezzo di Nba ha conquistato il cuore degli appassionati e degli addetti ai lavori, una “pepita” pregiata pescata dal Gm dei Denver Nuggets Tim Connelly alla 41^ scelta di un draft ricco di giocatori sovrastimati, in cui lo stesso serbo appariva un azzardo, di quelli che avevano fatto saltare dalla sedia gli stessi tifosi, ma un centro che passa la palla con mani da play, che lotti a rimbalzo con il cuore di un balcanico, e che soprattutto faccia girare una squadra che, da derelitta dei bassifondi della competitiva Western Conference, stanotte piazza 24 triple in faccia ai Warriors campioni in carica, raggiunge una piazza playoff che non si vedeva dalle treccine di Carmelo Anthony e traccia una via per un futuro che potrà essere descritto.
Nikola Jokic è quello che Ratko Varda poteva essere nonché quello che Darko Milicic avrebbe potuto essere per la Nba. Una storia che vede intrecciarsi le vicende di passato remoto e recente di un mondo Nba in cui se non sei all’altezza sei sputato fuori come un drink mescolato male e dove, specie se sei straniero, non hai tempo né scuse per redimerti. Varda è una primordiale icona del basket serbo moderno, di quelli che sono passati dalla porta girevole dei Detroit Pistons, dove in un anno e mezzo mette in totale in cascina solo 6 minuti, senza incidere, e “crea” lo Jokic che siamo abituati a vedere oggi. E' la sua partenza infatti dal Mega Vizura a dare le chiavi in mano della franchigia ad un giovanissimo Nikola, che si prende il palcoscenico da cui non scenderà più.
Milicic, quantunque al termine di una carriera americana non all’altezza delle aspettative, è importante per la maturazione del suo giovane amico, e ricevere buoni consigli da chi quel mondo lo ha vissuto, nel bene e soprattutto nel male, è la giusta via per poter riuscire a “farcela”. In una settimana tante cose possono cambiare, Nikola Jokic diventa mr Tripla Doppia, togliendo l’epiteto a Westbrook. Solo che da un eclettico come lo #0 dei Thunder ti puoi aspettare tante cose, da un gigante di 2,11 mt per 116 kg, di certo un po’ meno.
In una settimana di fuoco i Denver Nuggets tornano prepotentemente sulla mappa, Jokic approfitta al massimo dell’assenza di Gallinari e Chandler e porta a casa una prestazione da 17 punti, 21 rimbalzi e 12 assist. Si stenta ancora a credere che questa gara sia avvenuta, perché di fronte c’erano i campioni in carica, che si sono letteralmente visti seppellire sotto i colpi di un ragazzo imprevedibile, talentuoso e capace. I margini di miglioramento per un classe '95 del genere sono esponenziali, i Nuggets sono un team che ha puntato in maniera massiccia su ragazzi europei di prospettiva ed ora sta pagando i dividendi.