NBA, Eurolega e Cina: il basket supera le frontiere commerciali

I recenti acquisti e scambi tra i due mondi, senza dimenticarsi del mondo asiatico, stanno cambiando la geografia del basket mondiale
17.07.2017 18:44 di  Domenico Landolfo   vedi letture
NBA, Eurolega e Cina: il basket supera le frontiere commerciali
© foto di Agenzia Aldo Liverani sas

Condizioni di mercato cross boarding e porte girevoli: oramai il mondo della pallacanestro sembra aver perso una connotazione geografica quantomeno per la qualità del prodotto offerto, e questo non solo perché è passata una infinità dall'era in cui i Sabonis, Marciulionis e Petrovic erano mosche bianche in un ambiente chiuso ed elitario. Coerentemente con un innesto progressivo dei giocatori internazionali nel mondo Nba, anche il livello del vecchio continente si è alzato: non perché arrivino i giocattoli rotti della lega di Adam Silver o i "vecchi" a svernare, ma perché è aumentato il potere euro sul dollaro, ed anche i top club di Eurolega possono offrire contratti di un certo tipo a giocatori di ottimo livello, magari non un Lebron o un Curry, ma si va molto oltre l'ordinario. Questo si spiega col fatto che oggi sono le franchigie NBA a pescare a piene mani nei club del vecchio continente, prendendosi senza passare dal draft alcune delle pepite più prelibate del piatto e al tempo stesso, innalzando il proprio livello, togliendo il freno a tanti statunitensi che, anziché arrabattare cifre senza prestazioni nelle minors, preferiscono giocare al top level europeo, sapendo che viaggiare da una sponda all'altra dell'oceano è solo questione di una chiamata dall'agente di viaggi. 

A quanto detto non deve andar dimenticato il mercato asiatico, che sta iniziando ad aprirsi in maniera massiccia al "foreign exchange" ma che ancora non bilancia tra valore economico spendibile (infinitamente alto) e valore del talento acquistato: questo perché con le dovute eccezioni non è che si riversino nel campionato all'ombra della Grande Muraglia grandi giocatori nel fiore della carriera. Si sta verificando, con una discrepanza di 10 anni, quello che l'Olympiakos ha iniziato, con la presa di Childress dagli Atlanta Hawks. Pagare decisamente troppo per un giocatore che non è il crack decisivo che sposta le montagne, ma anzi assicurarsi una dose di giocate da copertina miste a pause inenarrabili. Giova però puntualizzare che quel seme, portato da Yao Ming, è stato a dovere piantato, e se Houston, nella sua creazione della squadra da titolo, sceglie Zhou Qi nel mezzo, o Ding in prova a Dallas in Summer League, allora qualcosa si muove. E con pazienza e gesso, chissà che al seguito di Satnam Singh, che ha giocato la Summer Legaue in maglia Mavericks, non potrebbe avvicinarsi anche l'India al mondo cestistico NBA.

Cosa cambia ora? Nba con più europei, basti pensare alle cifre che i Clippers offriranno a Gallinari e Teodosic il prossimo anno, a Mike James che ha dovuto costruirsi in secunda division prima dei fasti del Pana, a Bogdanovic che mai preso in considerazione finora vince col Fenerbahce e diventa pedina importante, a Udoh, a Osman e Casspi che andranno a rinforzare le ultime due finaliste, o al curioso caso di Brandon Paul, che dopo l'esperienza all'Efes viene chiamato addirittura dagli Spurs, che per occhio internazionale ci sanno dare. Eurolega con altrettanti giocatori di livello, DeColo, el Chacho Rodriguez, poi Nocioni, e gente che l'NBA quella vera l'hanno vista e non solo sfiorata, più un manipolo di giocatori americani che, anziché latitare in squadre da lottery, possono ricostruirsi e mostrare chi sono ad un livello più alto. E dunque?

Differiscono significativamente e non è una cosa da poco, il sistema monetario e di endorsment. Con il nuovo format della Euroleague si sta raggiungendo in termini di spettacolo un elevato prodotto, magari non in tutte le partite, ma che specie quando si va al dentro o fuori regala emozioni, eppure il monte ricavi è all'opposto con il mondo americano che domina, che firma un nuovo contratto collettivo con i contratti più alti di sempre e sempre nel numerus clausus del salary cap. In Europa siamo lontani da questo modus operandi, dove le russe sfruttano il potere petrolifero, le spagnole la tassazione e le greche e le turche i fondi di nuova generazione, mentre le altre che sgomitano non arrivano a mettere insieme nemmeno 1/5 di quei budget faraonici che Cska, Fener e Real possono permettersi. Servirebbe una rotazione delle ricchezze, con un sistema meno premiale ed equo di quello delle cantere, ma che di sicuro avrebbe maggiore impatto sull'equilibrio, perché non tutti possono pescare Doncic dal vivaio. Questo, insieme ad un salary cap magari spinto in alto, sono le chiavi per il prossimo step del basket europeo, che se ha imparato a scalare la montagna, ora deve superare ancora quel rigido regime nazionalistico che ancora frena la competizione, con la seria possibilità di eliminare, almeno per queste squadre, la fatica del campionato nazionale in cui, Milano a parte, si tende a vincere facile o quantomeno ad arrivare finale.

Perché forse non sono proprio le amichevoli NBA Europe estive o il vecchio McDonald's Open a dirci che il basket europeo è in crescita, quanto invece la possibilità, prima remota ma che, di questo passo, potrebbe divenire più concreta, di avere un interscambio che non si limiti solo ai giocatori, ma anche alle franchigie, che sempre con quell'operatore di viaggi di cui abbiamo parlato in apertura, potrebbe prenotare un biglietto per la costa al di là dell'Oceano. E si sa che in queste cose, le sliding doors, sono sempre dietro l'angolo.