Messina: "Difendere come matti e passarsi la palla: la mia Olimpia"

E' stato presentato il coach (e presidente tecnico) catanese in casa biancorossa: inizia la nuova era dell'AX Armani Exchange
19.06.2019 16:01 di  Fabio Cavagnera  Twitter:    vedi letture
Messina: "Difendere come matti e passarsi la palla: la mia Olimpia"
© foto di Alessia Doniselli

E' iniziata l'era Ettore Messina per l'Olimpia Milano. E' stato presentato il neo allenatore e presidente dell'area tecnica del club più titolato d'Italia, con le prime parole e sensazioni, ad una settimana dall'annuncio ufficiale. Una presentazione a cui erano presenti il passato ed il presente dei biancorossi: Sandro Gamba, Franco Casalini, Toni Cappellari, Marco Mordente, Dan Peterson e capitan Andrea Cinciarini, oltre all'assistente allenatore Mario Fioretti.

L'introduzione: "Grazie di essere venuti così tanti. Non ho molto da dire, se non rispondere alle vostre domande e ringraziare Armani e Dell'Orco per questa opportunità. Una richiesta che arriva da un proprietario appassionato, in una società con un grande passato e speriamo con un miglior futuro". 

Negli ultimi anni è stato sempre il sogno della proprietà, cosa l'ha spinta ad accettare?
"Intanto non sapevo ci fosse stato tutto questo interesse, non avevo mai avuto alcun tipo di contatto negli ultimi anni. Ero arrivato ad un momento in cui mi sarebbe piaciuto tornare ad allenare, dopo 5 anni da assistente, non nego che aver la possibilità di fare le cose con persone con cui credo lavoro bene, secondo quelli che siano per me i criteri più giusti, sia stato importante. Non è una questione di controllo, nè di manie di potere da dittatore coreano. Solo il fatto di non perdere energie nervose, in situazioni in cui non hai la possibilità di relazionarti con persone di cui non ti fidi". 

Quanta amarezza c'è per non aver convinto il mondo del basket NBA a darle una panchina e quanta la preoccupazione di venire in una società con un grande peso?
"Quando ho deciso di fare l'assistente di Popovich, in quel momento avevo la voglia di lavorare con determinate persone: erano l'organizzazione con i valori più alti. Poi, stando lì, si alimenta un'idea che io avrei potuto essere un giorno l'erede o allenare da qualche parte. Ci sono andato vicino, non ci sono arrivato, mi avrebbe fatto piacere, ma voglio eliminare ogni collegamento tra quello e questa decisione. Non ho problemi a dire che, se la proposta Olimpia fosse stata solo di allenare, non avrei accettato. Io poi faccio l'allenatore, una volta scelte le persone. Sento il peso di dover far bene, perché le aspettative della società e del pubblico sono alte. Ma ho anche la convinzione che non puoi saltare alcun passo dovuto, fermo restando che la squadra deve andare in campo sin dal primo giorno nella giusta direzione".

Che idea si è fatto su Milano? Cosa serve per il salto di qualità europeo?
"Non credo sia utile guardarsi troppo indietro, per me il giorno uno è adesso. Quello che bisogna fare non lo dico io, è sempre la stessa cosa: difendere come dei matti e passarsi la palla in attacco, prendendosi le proprie responsabilità. Lo dicono la storia, il passato e tutte le squadre che vincono".

Quali sono gli step intermedi, cioè gli obiettivi credibili per il prossimo anno?
"Per poter vincere il campionato e andare ai playoff europei, i risultati sono una conseguenza del lavoro delle persone. Non c'è nulla di nuovo, poi se non succede è un problema".

Ha individuato la persona giusta per starle a fianco?
"Sto parlando e stiamo parlando con alcune persone e presto penso ne avremo una. Senza dimenticare Alberto Rossini, Claudio Limardi con l'ufficio stampa, Mario Fioretti tra gli assistenti. C'è già una macchina che sta lavorando".

Che Italia e che campionato italiano ritrova? E che Eurolega ritrova?
"Trovo un campionato più competitivo, piano piano. Poi verso l'alto o il basso, sono filosofie personali. Se non sei preparato, rischi di perdere contro tutte le squadre. L'Eurolega è molto competitiva, anche se perde delle volte dei giocatori ed ha sempre più difficoltà a portare giocatori dall'NBA. Si tratta di un'organizzazione di avanguardia, i playoff e le Final Four sono spettacolo molto bello. L'Italia paese sta affrontando temi importanti, dove i conflitti e le preoccupazioni sono all'ordine del giorno. Ma è il mio Paese e ti viene la voglia di lavorare per migliorare nel nostro piccolo".

Le difficoltà legate al calendario di campionato ed Eurolega, con 68 partite di stagione regolare. Come risoverle?
"In questi cinque anni che sono stato a San Antonio ho ricevuto molto visite e sono venuti quasi sempre allenatori e dirigenti, abbiamo avuto un numero ridottissimo a vedere l'aspetto più interessante, cioè tutte le persone che lavorano con i giocatori e con gli allenatori per andare d'accordo con il numero di partite elevatissime, la gestione di infortuni e delle energie. Quella è la nuova frontiera, per essere più produttivi e sani. E' dove andrei a cercare di avvicinarmi a quel mondo".

L'Antonio Conte dell'Olimpia?
"Io sono milanista e faccio fatica a pensarlo"

Quanti giocatori nel roster della prossima stagione?
"Bisogna sempre fare una riflessione, in base al budget. Ci sono due filosofie: puoi usarlo con tanti giocatori di medio livello oppure con pochi di alto livello e altri magari giovani. E' una riflessione che stiamo facendo".

James e Micov faranno parte dell'Olimpia 2019/20?
"Ho iniziato ieri a parlare con i giocatori e continuerò nei prossimi giorni. Nel momento in cui avrò conosciuto tutti, inizierò a farmi un'idea su cosa potrà essere utile o no alla squadra".

Tante partite, ma anche tante competizioni. Cosa porta dall'NBA delle 82 partite, ma come gestire competizioni diverse?
"Ho avuto la fortuna, oltre che l'onore, di lavorare con il più bravo di tutti (Popovich, ndr). Oltre ad una capacità di relazionarsi con le persone di altissimo livello, con una capacità empatica che mi ha sempre colpito, lui nel gioco ha un sesto senso unico nel valutare, senza gli scienziati, quando bisogna spingere e quando andare piano. Credo di aver visto cose che mi potranno aiutare a tenere la squadra ad un buon livello tutto l'anno. La differenza importante è la carica emotiva: qui se una squadra perde 3 partite di fila è un dramma, un aspetto non secondario. Credo sia importante rendersi conto di affrontare una partita per volta, senza farsi condizionare da quello che avviene prima o dopo. Si perdono energie nervose per niente".

L'avvocato Porelli cosa avrebbe detto del suo arrivo a Milano?
"Mi avrebbe accompagnato a Milano. Senza dubbio".

Che idea ha sul suo coaching staff? C'è l'ipotesi di un assistente americano?
"E' una delle possibilità, portare un assistente americano. Vedremo, c'è un posto disponibile perché Cancellieri ha deciso di fare il capo allenatore prima che arrivassi". 

Difendere forte e attaccare per arrivare ai risultati: serve una rivoluzione nel roster? In quanto tempo questa squadra potrà arrivare ad un livello alto in Europa?
"Mi appello al quinto emendamento. Non credo siano prospettabili rivoluzioni. Ci sono giocatori con contratto, altri con uno appena rinnovato: non penso sia ipotizzabili ribaltare tutto, anche perché ci sono situazioni positive già create. Intanto bisogna conoscersi e con alcuni non ci ho ancora parlato. Ci sono annate dove cominci subito sparato, tutto sembra bello e poi succede qualcosa in cui cambia tutto in negativo. Altre in cui si inizia soffrendo e poi ci cresce. Tutti vorremmo essere pronti dal primo giorno, poi si vedrà. L'importante è giocare subito nella giusta maniera, altrimenti abbiamo un problema".

E' arrivato in NBA dopo aver vinto quattro Euroleghe. In cosa l'ha cambiata l'esperienza americana?
"Gli Spurs sono la miglior organizzazione sportiva al mondo da molto tempo perché hanno una serie di valori semplici, che tutti i giorni le persone cercano di portare avanti. Rispetto, capacità di non prendersi troppo sul serio, la disponibilità a prendersi le responsabilità senza scaricarle sugli altri, altruismo. Rispetto per il presidente e, in egual maniera, per l'addetto ai materiali. Ho visto, vissuto e imparato questo. Ho visto vivere in questa maniera sia Tim Duncan che un ragazzo. E, più bravo sei, più hai delle responsabilità. Questo ha arricchito me e la mia famiglia, anche portare mio figlio a vedere un allenamento o partecipare una trasferta è stato un momento di crescita enorme per tutti come famiglia. Questo mi è costato abbandonare quel mondo, però spero possano accadere queste cose anche qui. Anche se non capitano in un giorno".

Negli ultimi anni come è cambiato il concetto con l'esigenza: in questi giorni ha ripensato quando nel 2011 poteva venire qui ad allenare?
"Quella volta lì avevamo parlato un po' con Livio Proli, per me era un momento particolare a livello personale e familiare, con alcune sfortune gravi. Quando c'è stata la possibilità di fare un anno rasserenante a Los Angeles, decidemmo sarebbe stata la decisione giusta in quel momento. Livio fu estremamente signorile a capire la situazione. Certo, ci ho pensato, la nostra vita poteva cambiare. Per quanto riguarda l'esigenza: ognuno di noi è esigente con se stesso in maniera più o meno ossessiva, nervosa. Probabilmente, dopo 5 anni in un'atmosfera come quella americana, spero di avere la capacità di essere un po' meno ossessivo e più capace di vedere il percorso. Sono sempre stato piuttosto teso per una sconfitta e non mi godevo troppo le vittorie, pensando alla prossima gara. Mi piacerebbe aver imparato questo, perché potrei così essere un migliore allenatore".

L'annuncio di Della Valle: ci ha già parlato?
"Sarebbe preoccupante avesse fatto quell'annuncio, senza aver parlato con il presidente".

Come è stato il periodo in Nazionale: cosa vorrebbe replicare a Milano?
"E' stato devastante perdere il preolimpico, invece è stata una bellissima esperienza l'Europeo 2017. Siamo stati bene sia nella fase iniziale, nella preparazione ed abbiamo finito senza rammarico, dando tutto quello che abbiamo. Vorrei replicare a Milano la sintonia con giocatori e staff, come siamo stati bene".

Quanto ha pesato il lavoro con Popovich nella scelta del doppio ruolo?
"Mi ha affascinato molto vedere come lui e RC Buford interagivano. RC ha l'enorme capacità di lavorare per coach Popovich, per fargli fare al meglio il suo lavoro, lasciandolo occuparsi solo della parte di pallacanestro. E' il primo a capire, in quella struttura, di cosa c'è bisogno, soprattutto a livello di relazione, fermo restando che le decisioni le prende chi deve farlo. “Quello che vediamo in campo è lo specchio di quello che succede fuori, non viceversa". 

L'Olimpia ha triturato tanti coach: che risposta si da sulla situazione?
"Eventualmente licenzierò Messina e prenderò un altro allenatore... Sinceramente non ho l'energia per pensare perché alcune cose sono accadute, penso sia un esercizio inutile e voglio pensare solo a quello che c'è da fare ora".

Il ruolo degli italiani nella squadra?
"Anche quando arrivai in Russia mi fecero questa domanda, la risposta è sempre la stessa: non riesco a distinguere tra giocatori italiani, russi e americani. Mi viene più facile distinguere chi è disponibile ed in grado di giocare e chi no, poi ci sono le regole. Poi la gente si identifica nell'atteggiamento e non sulla provenienza. A Milano ci sono esempi come D'Antoni, McAdoo, Rocca o Cerella: non erano italiani, ma giocatori in cui il pubblico si identificava. E, tra l'altro, mi sembra un'idea molto bella anche in questo particolare periodo storico...".

Com è stato il primo approccio con Armani?
"E' stato un incontro produttivo, altrimenti non sarei qui. E' una persona che ha a cuore questa società, nella sua carriera ha avuto sempre successo. Vorrebbe vincere tutte le partite, ma ha la lungimiranza di sapere che ci vorrà del tempo".

Perché in finale sono andate Venezia e Sassari: cosa hanno avuto più delle altre?
"Ho visto poche partite. Ho visto spezzoni, ho letto i commenti e le interviste. Due cose che mi hanno colpito: Sassari ha avuto entusiasmo, Venezia profondità di squadra, rispetto alle avversarie che ha incontrato".

Il rapporto tra social e giocatori: servono delle regole?
"I social sono come le pistole: possono essere utili o pericolosi. In tempi non sospetti ho sempre detto che non sono contento ci sia l'anonimato. In Europa c'è un'aggressività diversa, credo sia importante sviluppare una capacità per cui l'opinione che conta è quella dei compagni di squadra, degli allenatori e di chi sta vicino. Non è facile, bisogna arrivare a confrontarsi con questo, però credo si possa arrivare ad utilizzarli in modo costruttivo".

Leonard e San Antonio: cosa non ha funzionato? E vederlo vincere l'anello a Toronto...
"Family Business, come direbbe Popovich. Ma veder vincere lui e Danny Green mi ha fatto piacere a livello umano, anche se dal punto di vista sportivo non posso fare a meno di pensare che, con loro, potevamo essere più vicini al titolo".