La stagione imperfetta dei Warriors con uno sguardo al futuro

Analisi della sconfitta dei Golden State Warriors tra errori commessi e futuro
21.06.2016 18:00 di  Sergio Cerbone  Twitter:    vedi letture
La stagione imperfetta dei Warriors con uno sguardo al futuro
© foto di NBA.com

 A volte i sogni rimangono solo sogni. E’ così che la stagione perfetta dei Golden State Warriors è finita al capolinea di una gara 7 di finale contro Cleveland (93-89).

Se avete seguito i Warriors nella loro stagione vincente lo scorso anno, e per tutta l’epica regular season di quest’anno, quella delle 73 vittorie, sarà stato struggente vedere la Oracle Arena ammutolita e senza coriandoli giallo-blu, con la squadra ospite festeggiare il titolo NBA.

DA SOGNO A INCUBO - E’ tempo ora per gli esperti, scatenarsi in dibattiti e interpretazioni a quella che molti, hanno già definito come uno dei più clamorosi harakiri sportivi: avendo buttato via un vantaggio di 3-1, i Warriors sono i peggiori closer della storia? Molti in questi giorni, avranno letto o sentito accostare il temine “choke” ai Steph Curry e compagni. Lo si usa quando si vuole fare riferimento a un risultato sportivo in cui una squadra (i Warriors) erano nettamente favoriti (per come erano andate le prime due parrtite) per la vittoria finale che poi non si è concretizzata. E’ difficile dare una risposta precisa a una sconfitta che ricordiamolo, è arrivata nei minuti finali di una gara 7 ampiamente equilibrata. Tenendo presente che l'insuccesso o il successo è sempre condizionato da più componenti, nei miei ragionamenti, mi sono soffermato su alcuni punti.

LA STORIA GIÀ SCRITTA – Fato e destino sono parole che poco riguardano influenzano i risultati sportivi. Eppure questa serie, da gara 5 è cambiata di colpo. Complice la squalifica di Draymond Green, da quel punto i Cavs non hanno più sbagliato nulla. Spinti da uno straordinario LeBron James, i vari Tristan Thompson, JR Smith, Richard Jefferson e Kyrie Irving hanno all’improvviso, cambiato giri nel motore di Cleveland. Golden State è stata battuta al traguardo finale da una squadra che ha trovato la sua grandezza proprio nel momento giusto. E quella storia, con il prescelto che sognava di riportare il titolo nella sua Cleveland pareva già scritta da tempo. Quella storia che dopo la sconfitta del 2015, non poteva nuovamente girare le spalle al numero 23. Non per come King James ha giocato queste finali, da assoluto dominatore. Un risultato diverso, sarebbe stato ingiusto.

UN TIRO CHE PUO’ CAMBIARE TUTTO - Un tiro che avrebbe cambiato il senso della storia. Sì stiamo parlando di un solo tiro. Con gara 7 delle finali NBA con il punteggio inchiodato sull’89-89 a pochi minuti dalla fine del quarto periodo, 3-3 nella serie, 699-699 nel punteggio cumulativo delle precedenti gare e con palla in mano a Steph Curry, l’MVP della Lega. I Warriors non potevano pensare a uno scenario migliore di questo.

4 minuti e 9 secondi dividevano i Warriors dall’essere ricordati come la squadra più forte di tutti i tempi, ma ecco che Curry sbaglia il tiro. Klay Thompson sbaglia quello successivo e Draymond Green non converte una tripla comoda con 3 metri di vantaggio. Andre Iguodala, MVP delle finali 2015, anche lui con il match point tra le mani, ma sbaglia da tre nell’angolo. I Warriors erano a 4 minuti e 9 secondi dal loro back to back e invece hanno sbagliato ogni tiro a loro disposizione.

Proprio quei tiri che Steph Curry & Co hanno segnato con regolarità per tutta la stagione. Definita da tutti, come il migliore shooting team dell’NBA, Golden State si è inceppata proprio nell’arma su cui ha costruito il proprio successo.  

LE ATTENUANTI – Steph Curry non era al 100%. L’MVP siamo stati abituati a vederlo in ben altra condizione fisica, invece l’infortunio subito nella serie con Houston lo ha condizionato (e non poco) già nelle partite con OKC. Quello contro i Cavs e’ stato un Curry che ha rinunciato alla penetrazione, affidandosi esclusivamente al tiro da tre, chiaro segno che qualcosa, in quel ginocchio non andava. E’ stato pero’ lo stesso Steph a smentire, innanzitutto le voci di un possibile intervento chirurgico quest’estate e volendo assolutamente sviare dall’argomento infortunio come attenuante per la deblache in finale. L’infortunio di Bogut ha sicuramente condizionato la serie nel momento più delicato (gara 6) con Steve Kerr costretto a cambiare rotazioni e uomini senza trovare in Varajao prima e Ezeli poi, quel jolly in mezzo all’area capace di impensierire i Cavs. Mettiamoci poi un Iguodala che non ha praticamente giocato gara 6 e che gara 7 l’ha giocata solo grazie alle infiltrazioni. Possiamo quindi dire che Golden State ha perso per colpa degli infortuni? Elogiata per la sua profondità del suo roster, e lo Strength in Numbers come slogan della forza del gruppo, no, gli infortuni non possono essere presi in considerazione in un’analisi obiettiva dei fatti.

GLI ERRORI DI KERR – premesso che Steve Kerr è un coach rispettabilissimo, che ha cambiato la faccia di quei Golden State Warriors abituati a non andare mai al di là dei primi due turni di playoff con Marc Jackson, qualche critica la si può muovere anche contro l’ex compagno di MJ e in particolare su alcune scelte nelle rotazioni. Kerr ha insistito su Ezeli e Varejao in sostituzione di Bogut, ma senza mai cavarne molto, soprattutto in difesa. I 16 minuti di Livingston di gara 7 appaiono pochi. Spostando Draymond Green in posizione di centro e dando più minutaggio a Livingston avrebbe limitato la presenza in campo di Ezeli-Varejao apparsi nettamente fuori dal contesto tecnico di queste Finals. In una gara 7 decisa da 4 punti, i particolari fanno la differenza e col senno di poi, anche un cambio avrebbe potuto modificare il corso della storia.

IL FUTURO – per Golden State non sarà facile dimenticare questa sconfitta. Non dopo una stagione da 73 vittorie e che invece, passerà alla storia come la stagione imperfetta. Tra i più delusi ci sono gli Splash Brothers con Klay Thompson visibilmente affranto nel post partita: “Perdere e vedere gli altri festeggiare fa male” e Steph Curry che ha dovuto ricorrere al conforto della figlia: “Va tutto bene papà non ti preoccupare” - le parole della piccola Riley. Draymond Green invece fa “mea culpa” prendendosi tutte le responsabilità della sconfitta per aver “abbandonato” i compagni in quella gara 5 che di fatto ha cambiato la serie.

Un’analisi a mente fredda però, porta a pensare che di questi Warriors ne sentiremo ancora parlare. Il nucleo degli Splash Brothers, Green, Bogut, Iguodala e’ ancora giovane. Ci sarà da risolvere la questione del contratto Herrison Barnes: rinnovarlo alle cifre che chiede oppure tenare l’all-in su Kevin Durant? Ci sono poi anche quelli in scadenza: Barbosa, Ezeli, Clark a Varejao, Rush, Speights. Questioni non da poco per chi fa della “profondità del roster” la propria forza. Per Bob Myers sarà un’estate lunga, ma il futuro di Golden State anche dopo questa sconfitta, appare radioso.

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Sergio Cerbone è l'autore di WARRIOR, MILANO-SAN FRANCISCO CON TITOLO NBA. Nel libro racconta del suo trasferimento a San Francisco per lavoro e di come è finito a seguire l'NBA da infiltrato a bordocampo. Clicca qui per acquistare il libro e seguilo su Twitter