L'NBA raccontata dalla Oracle Arena

Il nostro Sergio Cerbone ci parla della lega più bella del mondo direttamente da San Francisco
01.11.2014 16:15 di  Sergio Cerbone   vedi letture
L'NBA raccontata dalla Oracle Arena

Sergio ha 35 anni e da dicembre 2013 si è trasferito a San Francisco per una nuova esperienza di vita e professionale. Appassionato di basket fino al midollo, scrive da quest'anno, articoli per Basketissimo.com

Di seguito qualche domanda fatta dal nostro direttore Fabio Cavagnera

Innanzitutto com’è vivere a San Francisco?

Stupendo. Città fantastica, un mix di culture, lingue e cibi. La gente è rilassata e c’è un ottimo equilibrio tra vita e lavoro. Ci sono un sacco di eventi e cose da fare, non ci si annoia insomma.

Qual è l’incontro più particolare che hai fatto al palazzo?

Warriors-Lakers. Ero lì seduto a guardare il riscaldamento, non c’era ancora molta gente all’arena. Sento qualcuno dire “Hey italiano”. Mi giro ed era Pete Myers (ex giocatore Chicago Bulls dell’era Jordan e vice allenatore Warriors 2012-2014). Gli sorrido, mi avvicino, mi parla un po’ in italiano (ha giocato a Cantù) e un po’ in americano. Alla fine mi dice di tenerci in contatto e mi lascia il suo numero di cellulare (succede solo in America). Da quel giorno ogni partita successiva, lo saluto e gli chiedo qualcosa sulla squadra. Non perdo però occasione, e gli chiedo del suo periodo ai Bulls con il mio idolo Jordan. Alla domanda: “Com’è stato giocare con uno dei più grandi della storia?” Mi risponde lasciandosi andare anche a qualche aneddoto: “It was tough man (è stata dura)" -mi dice con un ghigno- "MJ pretende tantissimo dai compagni e io comunque non mi potevo avvicinare o parlagli molto, prima di me c’erano Pippen e Horace Grant”

Hai potuto vedere dal vivo grandi campioni, quale ti ha colpito di più e perché?

Per vedere Ray Allen sono andato all’Arena cinque ore prima della palla a due. Sapevo che Ray si allena meticolosamente parecchie ore prima dell’inizio. E devo dire che ne è valsa la pena. Vederlo da vicino (ero a 3 metri) allenarsi al tiro è qualcosa di impressionante. Ogni tiro è uguale al precedente, la meccanica è una sinuosa successione di piccoli movimenti che si ripetono con la precisione di un orologio svizzero.

Degli "italians" che hai visto in azione, che cosa ci racconti?

E' stato bello salutare Marco Belinelli prima della palla a 2. E’ stato molto gentile. Mi ha chiesto come mi trovavo a San Francisco. Sembrava più interessato lui a me che il contrario. Mi ha detto di mandargli via email le foto che avevo scattato durante la partita. Gli ho mandato anche quella dove Pop lo sgrida! :)

 

Che partita ti ha emozionato di più dal vivo?

Warriors-Miami. Tirata fino alla fine. Steph Curry segna il canestro del + 2 Warriors con 5" sul cronometro. La partita sembra chiusa, Lebron palleggia, si arresta da tre, butta il corpaccione indietro per un fade-away che regala la vittoria a Miami. LBJ si concede anche il tempo per uno sguardo e un sorriso a Steph Curry come per dire: “Pensavi di aver vinto, eh?”

 

 

Si dice che la Oracle Arena sia uno dei palazzi più caldi dell’NBA: è davvero così? E qual è l’atmosfera nell’impianto?

Assistere a una partita NBA dal vivo è un’esperienza incredibile. Prima di tutto si assiste a un evento di sport, non ci si deve preoccupare di essere picchiati o di litigare mentre si guarda la partita. Puoi andare con la maglia dei Lakers e vedere la partita in mezzo ai tifosi dei Warriors senza che ti succeda nulla. Non ci sono cori e insulti ai giocatori avversari, al massimo qualche "Boooooo". Si vedono tante famiglie e tanti bambini. L'Oracle Arena è chiassosissima. Poi i colori e i dettagli dell’Arena sono pazzeschi. Durante i playoff, i tifosi ricevono una t-shirt della squadra e il colpo d’occhio quando tutti la indossano è davvero notevole.

 

 

 

 

 

In Italia si fanno tante polemiche sugli impianti vecchi e poco funzionali: visto che hai vissuto anche la realtà italiana, ci dai un elemento (uno solo) da portare in Italia di un impianto NBA come la Oracle Arena?

 

L’organizzazione. Nulla è lasciato al caso. Tutto è pianificato alla perfezione. Ogni persona che lavora all'Arena controlla la propria zona in maniera impeccabile. Non ci sono disordini o caos.

Qual è il rapporto tra i giocatori ed i tifosi NBA? C’è un muro e sono ‘accessibili’ solo in alcuni eventi straordinari oppure c’è grande disponibilità?

Il clima alle partite, anche quelle dei playoff è rilassato. I tifosi non vanno all’arena per fare casino, ma per godersi l'evento sportivo. Un padre può tranquillamente portare il figlio. Di conseguenza, anche i giocatori sono più disponibili a fermarsi per fare autografi o selfie con i fan.

Come viene vissuta l’NBA, fuori dal palazzo, in una grande città come San Francisco, dove ci sono anche altre squadre importanti come i Giants nel baseball ed i 49ers nel football?

C’è grande interesse, soprattutto ora che i Warriors raggiungono i playoff da qualche stagione. Quando cominciano i playoff, la città si tinge di gialloblu, gli autobus portano la scritta GO WARRIORS. La franchigia inoltre sta per essere trasferita a San Francisco, lo stadio è già in costruzione e i cittadini di Oakland sono per questo un po’ arrabbiati….

Cosa proponi di raccontare nella rubrica Sergio’s Oracle, nel corso della stagione NBA 2014/15?

Non sono così presuntuoso nel volere insegnare il basket ai lettori, io mi considero ancora uno studente. Ho la fortuna di essere negli Usa, quello che voglio cercare di fare è dare un punto di vista diretto, da dove l’NBA viene giocata ogni giorno.

Ultima, ma impossibile da non fare, visto che siamo ad inizio stagione: chi vincerà il titolo NBA? E dove arriveranno i Golden State Warriors?

Dico Clippers. Già l'anno scorso, mi sembrava potessero avere delle chances. Quest'anno, dope essersi, finalmente, liberati di Donald Sterling, possono concentrarsi solo sul basket. I Warriors sono migliorati, se non avranno infortuni, possono puntare alle finali di conference.